Bruno Lorenzi
Recuperare il calore di scarto da celle fotovoltaiche: Bicocca dimostra che è possibile.
Un team di ricerca internazionale guidato da ricercatori dell’Università Milano-Bicocca ha dimostrato come è possibile recuperare il calore di scarto da celle fotovoltaiche con l’ausilio di materiali termoelettrici.
Nelle celle fotovoltaiche, infatti, gran parte dell’energia è persa sottoforma di calore. Questo è il motivo per il quale esse si scaldano al sole, e per il quale la loro efficienza è limitata al 20-25%.
I dispositivi termoelettrici sono invece veri e propri convertitori di calore in energia elettrica. Essi sfruttano il cosiddetto effetto Seebeck, che descrive come in un materiale conduttore posto tra due differenti temperature si genera una differenza di potenziale elettrico. Recentemente i dispositivi termoelettrici sono stati proposti da più gruppi di ricerca come possibile soluzione per aumentare l’efficienza delle celle fotovoltaiche, tuttavia ottenere un dispositivo ibrido capace di incrementare l’efficienza del sistema si è dimostrato tutt’altro che banale, dal momento che esiste una contrapposizione intrinseca tra i comportamenti delle due parti: infatti, da un lato i dispositivi termoelettrici sono tanto più efficienti quanto più è calda la loro temperatura di lavoro, mentre per le celle solari è esattamente l’opposto.
È in questo contesto che si inserisce il progetto dal titolo “Novel hybrid thermoelectric photovoltaic devices – HTEPV”, finanziato dalla Commissione Europea attraverso una Marie Skłodowska-Curie Individual Fellowship.
Un gruppo di ricercatori del Dipartimento di Scienze dei Materiali, guidato dal Dott. Bruno Lorenzi e dal Prof. Dario Narducci, ha dapprima analizzato in uno studio teorico le origini fisiche della dipendenza dell’efficienza delle celle fotovoltaiche in funzione della temperatura. In questo modo è stato possibile identificare una serie di materiali fotovoltaici promettenti per un’ibridizzazione efficace. In un secondo studio ha quindi definito le caratteristiche della parte termoelettrica, evidenziando come i dispositivi attualmente in commercio non siano ottimizzati per recuperare efficientemente il calore di una cella fotovoltaica.
Questo risultato ha stimolato il gruppo di ricercatori a sviluppare un dispositivo ibrido, basato su generatori termoelettrici realizzati ad hoc, e celle a base di perovskiti, uno dei materiali più promettenti per un’ibridizzazione efficace. Per la parte termoelettrica è stata quindi creata una collaborazione con il gruppo del Prof. Gang Chen al Massachussetts Institute of Technology (MIT) negli Stati Uniti, tra i massimi esperti mondiali di materiali termoelettrici. Per la parte fotovoltaica è invece nata una collaborazione con il Prof. Aldo Di Carlo dell’Università di Roma – Tor Vergata, a capo di uno dei più floridi gruppi di ricerca nell’ambito delle celle fotovoltaiche perovskitiche.
La collaborazione ha portato allo sviluppo di un dispositivo ibrido, capace di incrementare l’efficienza della parte fotovoltaica di un 3% netto, portandola dal 16% al 19% circa. Questo studio, da poco pubblicato sulla rivista Applied Energy (https://doi.org/10.1016/j.apenergy.2021.117343), oltre a dimostrare l’effettivo potenziale dei dispositivi ibridi fotovoltaici-termoelettrici, apre la strada a una loro possibile implementazione: le celle a base di perovskiti sono infatti considerate il probabile futuro competitor del silicio, sul quale si fonda oltre il 90% del mercato fotovoltaico, e un incremento dell’efficienza delle celle perovskitiche può quindi significare un loro più rapido ingresso sul mercato.
This project has received funding from the European Union’s Horizon 2020 research and innovation programme Marie Curie Sklodowska-Curie. Grant Agreement n° 745304
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