Chiara Burzo
La bicicletta è libertà
L’impiego della bicicletta come mezzo di trasporto è senza dubbio una alternativa sostenibile nell’oggi in cui si è in continua ricerca di soluzioni creative e innovative per migliorare la mobilità urbana. Chi – per caso o per voglia – preferisce pedalare per muoversi adotta uno stile di vita sano, sportivo e a basso impatto ambientale.
Tuttavia, sulla strada verso il benessere è facile incorrere in dossi, semafori, buche, binari del tram, multe per circolazione contromano ma anche in una catena rotta o una gomma forata. Rischi e inconvenienti che possono provocare lesioni o infortuni ma che sono anche evitabili con la concentrazione e portando con sé i giusti strumenti per interventi straordinari.
Scegliere un mezzo di trasporto come la bicicletta, però, può portare con sé anche aspetti non strettamente tecnici.
Abbiamo affrontato l’argomento con una dei referenti del Ciclogruppo dell’ACS di Ateneo e del servizio della Ciclostazione in Bicocca, Ekaterina Kochergina, studentessa del corso di dottorato in Analysis of Social and Economic Processes (ASEP), del Dipartimento di Sociologia e Ricerca Sociale, che sta attualmente sviluppando una tesi sul ruolo della fiducia e della coesione sociale nelle pandemie.
Com’è nato il tuo interesse per la bicicletta?
«Quando ero junior assistant alla Higher School of Economics in Russia, ho vissuto un momento in cui sentivo la necessità di fare qualcosa di estremamente pratico, di vedere il frutto del mio lavoro. Poi una mia amica mi ha regalato la sua bicicletta. Non avendola mai usata da piccola, ho iniziato a informarmi sulle ciclostazioni a Mosca perché ero determinata a imparare. Alla fine, sono entrata in contatto con una ciclostazione, si chiamava Titan, dove ho potuto formarmi anche nel campo della meccanica».
Quando ti sei trasferita in Italia, come hai scoperto del servizio della ciclostazione e perché hai deciso poi di farne parte?
«Sono arrivata a Milano nel 2021, nel pieno della pandemia. Ho subito comprato una bicicletta e volevo fare qualche intervento di manutenzione per potermi già muovere per la città. Grazie a un collega sono venuta a conoscenza della ciclostazione in Bicocca, aperta agli studenti, al personale e anche ai cittadini residenti. Non immaginavo, però, che avrei trovato davvero la città chiusa a causa della pandemia. Ho comunque continuato a frequentare la ciclostazione perché avevo delle competenze nella manutenzione che volevo mettere a disposizione.
Adesso ho tre biciclette, una per ogni anno che sono a Milano, e le cambio a seconda dell’uso».
In cosa consiste il servizio e che riscontro avete da parte della comunità in Bicocca?
«Le attività che proponiamo sono varie: ci occupiamo di riparazioni e sistemazioni ma abbiamo anche un’area self-service per chi sa già come occuparsi della propria bicicletta, organizziamo gite turistiche con un altro gruppo dell’ACS, diamo una mano a chi cerca una bicicletta in prestito. Nell’ultimo anno abbiamo ridato vita a cinque biciclette, alcune le abbiamo trovate in strada, altre ci sono state donate perché non servivano più. Nella ciclostazione le sistemiamo e le rimettiamo in circolo. Certo sono usate, ma sono sicure.
Per esempio, recentemente è venuta da noi una studentessa francese in Erasmus che cercava una bicicletta per 8 mesi. Quando tornerà in Francia ce la restituirà e quella bicicletta potrà essere noleggiata da altri studenti, dipendenti o residenti.
Al momento i corsi sono ancora sospesi per la pandemia, ma stiamo sviluppando un corso di base, di sopravvivenza in città: perché portare il casco, come muoversi in strada, come sistemare le borse, etc.».
Beatrice Pescosolido
Tutto quello che c'è da sapere sulla Ciclostazione Bicocca
In questi anni, hai pensato a un corso specifico da inserire nel progetto?
«Per me è molto importante trovare un modo per supportare le donne. La pratica ci dice che le donne fanno le cose in modo diverso dagli uomini: la giornata lavorativa è diversa, la bicicletta con cui si muovono in città è equipaggiata in modo diverso con borse o seggiolini per i bambini.
Mi piacerebbe organizzare un corso per trasmettere la mia esperienza di donna che affronta le difficoltà del muoversi in bicicletta in città, da come sistemare le borse della spesa a quale chiave comprare per la manutenzione al saper riconoscere la differenza tra chiavi, viti, raggi.
E poi c’è la questione della forza fisica. Quando ho cominciato il corso a Mosca mi dicevano che il peso della bici sarebbe stato troppo per me, perché ero una donna. Ma mai nessuno mi ha detto che non ero in grado di tenere in braccio mia nipote. Eppure entrambe pesano 14 kg.
Gli uomini possono essere più forti di noi donne, certo, ma se si conoscono le regole della fisica si può fare lo stesso lavoro senza usare necessariamente la forza.
Spesso poi si ha paura di sbagliare e di rompere qualcosa. Io vorrei proprio dare la possibilità di sbagliare, di provare a fare qualcosa e di concedersi la possibilità di imparare. Il corso vuole essere un modo per dire alle donne che possono farlo, semplicemente lo fanno da un’altra prospettiva.
Io penso che la bicicletta serva per essere felici. Se non ti dà la felicità, perché usarla?».
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