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Maurizio Casiraghi

Pro Rettore alla Didattica

Innovativo, I suppose…

La didattica del futuro deve essere in grado di fronteggiare una società che cambia senza inseguirla ma modificandosi con essa. Oggi, più che mai, è fondamentale capire che nella didattica, innovare non è un vezzo ma una necessità. Tuttavia, innovare non è facile, e non si tratta di una mera questione di contenuti o di tecnologia, che sono solo degli strumenti. Tutti gli attori coinvolti, docenti e studenti, devono essere consapevoli che il cambiamento non può essere fine a sé stesso perché innovare significa mettersi in gioco.

Qualche giorno un’amica madre di una diciasettenne, chiamiamola Margherita, mi raccontava che sua figlia si era trovata in una situazione per lei strana: a una festa aveva incontrato tre ragazzi “sconosciuti”, si era divertita nel farlo e non lo immaginava possibile. Margherita voleva dire che per lei era anomalo incontrare qualcuno senza un contatto preliminare da remoto e si stupiva di come, tutto sommato, fosse stato possibile e pure piacevole!

Per un nativo analogico come il sottoscritto questo racconto ha dato molto da pensare. Il gap tra le generazioni è normale e direi anche sano. Da sempre, la generazione precedente non comprende dei pezzi di quella successiva, ma oggi ho la sensazione che quanto si stia perdendo possa far svanire grandi occasioni sul piano formativo. Margherita e tutti i nostri studenti ragionano in modo diverso da noi e in parte anche in questo si spiega la crescita di iscrizioni alle università telematiche. Gli studenti del terzo decennio degli anni 2000 cercano nella didattica qualche cosa di diverso, dopo essere stati costretti per anni nei limiti spesso troppo angusti delle scuole superiori e aver vissuto gli anni della pandemia. Gli atenei tradizionali dovrebbero vivere questo flusso di studenti verso le telematiche alla stregua di un voto di protesta in una elezione politica nazionale. Come docente, come formatore, come padre sento una forte responsabilità verso i ragazzi in attesa di una risposta. 

Nelle università si fa un gran parlare di “didattica innovativa”, un concetto sfuggente e per certi versi difficile da inquadrare soprattutto se si cerca una definizione che abbracci tutto il sapere generato in atenei generalisti come Milano-Bicocca. Una parte non trascurabile di colleghi scambia l’innovazione con l’introduzione di tecnologie (su tutte la “famigerata” videoregistrazione delle attività didattiche). La necessità di avvalersi di lezioni da remoto durante il periodo pandemico ha da un lato costretto, obtorto collo, docenti e studenti a scoprire e maneggiare alcune nuove tecnologie, ma dall’altro lato ha creato una vera e propria repulsione, quasi una chiusura, soprattutto in una parte del corpo docente. Un risultato è lo slogan che ha unito gli atenei tradizionali alla fine delle limitazioni pandemiche: “torniamo alla normalità, non siamo un ateneo telematico”.

Sono cresciuto convinto che Basaglia sia stato uno dei pensatori più influenti del XX secolo e che “visto da vicino nessuno è normale”. La didattica “normale” non è quella del nostro passato, ma deve essere quella in grado di cogliere le opportunità di un mondo in rapida evoluzione in cui le innovazioni dei mezzi rischiano di offuscare il cambiamento degli attori coinvolti, siano essi studenti o insegnanti. Visto dal lato docente il momento deve essere uno sprone a uscire dalla confort zone, per abbracciare il cambiamento. Recentemente, vengo intervistato dai media che chiedono, con preoccupazione, cosa stiamo facendo per contrastare programmi basati su modelli di intelligenza artificiale (come ChatGPT) in grado di generare testi (spesso) sensati. Sono sorpreso da questa domanda: “contrastare il cambiamento” è una risposta perdente. Dobbiamo chiederci come integrare, non come chiuderci in un passato che non esiste più. 

La grande sfida della didattica del futuro è quella di creare un modello integrato in cui la presenza fisica non sia un obbligo, ma un luogo per un confronto e una crescita di studenti e docenti. 

La didattica del futuro deve soprattutto volare alto.

 

“And in this suit for separation, gentlemen, observe two things” from Metamorphoses of the Day.

Jean Ignace Isidore Gérard Grandville, 1829

Metropolitan Museum of Art, New York

 

Jean Ignace Isidore Gérard Grandville, CC0, via Wikimedia Commons

Maurizio Casiraghi

Pro Rettore alla Didattica

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