Fabrizio Piazza
Il ruolo di UNIMIB nello studio della sindrome di Schinzel-Giedion
La Sindrome di Schinzel-Giedion (SGS; https://sgsfoundation.org/) è una rara patologia caratterizzata da grave ritardo di sviluppo, progressiva atrofia cerebrale, anomalie scheletriche e multiorgano ed epilessia. La maggior parte dei bambini affetti muore nella prima decade di vita. Nel 2010 il gruppo olandese coordinato da Alexander Hoischen ha dimostrato in pazienti SGS la presenza di mutazioni genetiche a carico del gene SETBP1, rilevando come tali mutazioni occorrano in un hotspot mutazionale costituito da soli 4 aminoacidi mutati su un totale di oltre 1400 (Hoischen A. et al, Nat Genet. 2010 Jun;42(6):483-5. doi: 10.1038/ng.581).
Nel 2013 il nostro gruppo, studiando le cause molecolari della leucemia mieloide cronica atipica (aCML), una forma di leucemia a prognosi particolarmente severa, aveva dimostrato la presenza di mutazioni somatiche (cioè presenti esclusivamente nelle cellule leucemiche) a carico del gene SETBP1. Il confronto di tali mutazioni con quelle identificate qualche tempo prima da Alexander e colleghi in pazienti affetti da SGS ci aveva consentito di rivelare, con nostra grande sorpresa, come le mutazioni presenti nella leucemia fossero virtualmente identiche a quelle presenti in SGS, suggerendo quindi un collegamento precedentemente insospettato tra aCML e SGS (Piazza R. et al, Nat Genet. 2013 Jan;45(1):18-24. doi: 10.1038/ng.2495).
Nel corso dello stesso studio eravamo riusciti inoltre a decifrare il ruolo dell’hotspot mutazionale, dimostrando come la regione mutata fosse sede di un dominio funzionale noto come ‘degron’. Il degron rappresenta a tutti gli effetti un ‘bersaglio’ riconosciuto da un complesso sistema cellulare chiamato proteasoma, la cui attivazione porta in ultima analisi alla degradazione della proteina bersaglio. Le mutazioni a carico di SETBP1, condivise tra SGS ed aCML, causano lo spegnimento del segnale ‘bersaglio’, impedendo quindi o ostacolando la degradazione della proteina. SETBP1, non più degradato dal proteasoma, si accumula quindi nelle cellule, rendendosi responsabile dell’attivazione anomala di segnali che causano la trasformazione neoplastica della cellula stessa oltreché anomalie di differenziamento responsabili in ultima analisi di SGS.
Malgrado questi studi pionieristici, purtroppo ad oggi nessun trattamento farmacologico risulta disponibile per i pazienti affetti da questa gravissima patologia, né le dinamiche attraverso cui l’accumulo di SETBP1 causi la sindrome sono ancora completamente chiarite. Per tentare di ovviare a questi enormi limiti, nell’ambito dell’European Joint Programme for Rare Diseases 2020, abbiamo costituito un gruppo internazionale composto da biochimici, ematologi, bioinformatici, neuroscienziati e biologi molecolari provenienti da Italia, Canada, Svezia, Germania, Inghilterra e Stati Uniti, con l’obiettivo di identificare e caratterizzare le vie di segnale chiave attivate in modo anomalo da SETBP1 mutato e tentare di spegnerle tramite l’uso di terapie mirate. Particolarmente di rilievo è il contributo del team del dott. Alessandro Sessa, esperto di differenziamento neuronale in forza al San Raffaele, con cui è già in corso una proficua collaborazione scientifica, e quello del Prof. Luca Mologni, esperto di signalling cellulare, di Milano – Bicocca.
Confidiamo che questo sforzo internazionale, che vede la nostra istituzione come uno dei partner chiave, ci possa consentire di porre le basi per una terapia farmacologica mirata per la SGS.
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