Citizen Science. Coinvolgere i cittadini nella ricerca
La Citizen science, scienza dei cittadini o scienza collaborativa, è una modalità di ricerca che coinvolge persone non formate in ambito scientifico, è un approccio di crescente interesse e applicazione che contribuisce in modo importante a molte branche di ricerca, come lo studio della crisi climatica e il monitoraggio di molte specie animali e vegetali. Esplosa nel 2020, quando la pandemia ha limitato la possibilità di ricerche sul campo, la citizen science ha dato la possibilità a molte persone in lockdown, di cimentarsi in progetti di scienza partecipata tramite computer o telefono.
Secondo il Cambridge English Dictionary, la citizen science è “il lavoro scientifico, come la raccolta di informazioni, effettuata da persone comuni senza qualificazioni speciali, per aiutare il lavoro degli scienziati”. Sembra che questa pratica risalga ai primi del Novecento, quando la National Audubon Society, organizzazione ambientale statunitense dedicata alla conservazione degli uccelli, iniziò a chiedere ai cittadini di contribuire a una conta annuale per il monitoraggio degli uccelli (Christmas Bird Count).
Esistono tre tipi di citizen science, in cui le persone possono essere più o meno attive e coinvolte nella raccolta, nell’elaborazione e nell’analisi di dati scientifici:
- co-created citizen science, le persone collaborano con i ricercatori nello sviluppo della ricerca su più livelli, dalla sua creazione ai passaggi successivi.
- progetti di crowd-sourcing, i cittadini mettono a disposizione dei ricercatori computer, telefoni e altri oggetti che aiutano passivamente nella raccolta o nell’elaborazione di dati.
- citizen science più classica, le persone contribuiscono tramite la raccolta dei dati, per esempio tramite app che monitorano l’inquinamento o la condivisione di foto.
Il più grande vantaggio della partecipazione dei cittadini alla ricerca scientifica è la produzione di grandi moli di informazioni. Senza il contributo dei volontari, sarebbe impossibile monitorare in modo estensivo e costante spostamenti di animali o cambiamenti climatici. Inoltre, i cittadini aiutano a elaborare quantità di dati che altrimenti sarebbero impenetrabili. Questo, installando software, ma anche tramite l’uso di giochi di citizen science, come nel caso di Genigma, con il quale si elaborano geni per aiutare la comprensione del cancro.
Il coinvolgimento attivo dei volontari nella ricerca consente anche scambi di punti di vista che arricchiscono gli scienziati. La citizen science ha anche il merito di migliorare comportamenti dannosi o pericolosi avvicinando la scienza a persone che ne diffidano. Per esempio, i volontari di un progetto di Citizen Science a tema ambientale possono autosensibilizzarsi e ridurre il proprio impatto ambientale e saranno pronti, a loro volta, a sensibilizzare altri sul tema. Secondo la European Citizen Science Association (ECSA), la scienza collaborativa migliora la democrazia, perché rende i cittadini più formati e sensibilizzati laddove occorre prendere decisioni che richiedono competenze scientifiche.
La citizen science non è esente da critiche nella comunità scientifica, soprattutto per quanto riguarda l’attendibilità. Diversi autori sostengono che persone non formate in ambiti scientifici potrebbero raccogliere o elaborare i dati in un modo che vi immette degli errori. Per questa ragione, è fondamentale che i cittadini siano informati correttamente su quanto è loro richiesto. Vi sono anche dei dilemmi etici: dal momento che i dati sono forniti da tutti i partecipanti, quanto devono essere estesi i riconoscimenti? Un problema che aggrava un’ulteriore tematica: il problema del coinvolgimento. Spesso è difficile trovare i volontari, soprattutto in progetti a livello locale, e capita che quelli coinvolti abbandonino la ricerca perché non sufficientemente motivati.
Il nostro Ateneo si è reso protagonista nel corso degli anni di progetti di Citizen Science. Tra questi segnaliamo due progetti finanziati in H2020, ALLINTERACT e C4S.
Il progetto europeo ALLINTERACT ha avuto avvio nell’ottobre 2020 e si concluderà nel maggio 2023. Il progetto focalizza l’attenzione sul rapporto tra cittadini/cittadine e scienza. È stato messo a punto da un consorzio interdisciplinare guidato dal Prof. Ramon Flecha (CREA – Università di Barcellona) e integrato dall’Università di Helsinki, Finlandia (Prof. Kumpulainen), dall’Università di Groningen, Paesi Bassi (Prof. Avraamidou), dall’Università degli Studi di Milano-Bicocca (Prof.ssa Leccardi), dalla ISCSP – Università di Lisbona, Portogallo (Prof. Torres), dalla Oxford University, U.K. (Prof. Ovseiko) e dalla European Parents Association, Belgio (Prof. Petuya). Il progetto può inoltre contare sul supporto di Natura Insititute, Yes Forum e Welfare Department of the Catalan Administration.
In particolare, l’équipe di ricerca del nostro Ateneo impegnata in ALLINTERACT include, oltre alla Prof.ssa Carmen Leccardi, le Prof.sse Ilenya Camozzi e Sveva Magaraggia e la Dott.ssa Arianna Mainardi del Dipartimento di Sociologia e Ricerca Sociale dell’Ateneo.
Nonostante gli sforzi finalizzati al coinvolgimento dei cittadini e delle cittadine negli sviluppi scientifici, sovente la scienza e i suoi linguaggi rimangono ancora oggi alla periferia degli interessi degli attori sociali.
L’obiettivo generale di ALLINTERACT è il sostegno alla cooperazione tra scienza e mondo sociale, con particolare attenzione ai gruppi sociali marginalizzati. La proposta alla sua base è stata sviluppata da un consorzio interdisciplinare in stretto dialogo con diversi stakeholders e con gruppi di attori sociali. Questo coinvolgimento dà spazio a diverse voci, anche critiche – una procedura ritenuta essenziale per perseguire gli obiettivi a cui il progetto mira.
Il progetto “Communities for Sciences” (C4S) si sviluppa in nove città europee (Milano -Italia-, Bruxelles -Belgio-, Manresa e Vic -Spagna-, Vienna -Austria-, Budapest -Ungheria-, Sofia -Bulgaria-, Lund -Svezia- e Berlino -Germania-) e nelle loro aree di influenza. Le attività che verranno realizzate saranno coordinate da sei Hub localizzate in altrettante città, sotto la guida dei partner locali del Consorzio. Ogni Hub si concentrerà su una specifica comunità vulnerabile (immigrati, comunità rom e cittadini con disabilità e svantaggi socio-culturali), lavorando con e per i bambini e i giovani tra 0 e 16 anni e con le loro famiglie. C4S studierà le relazioni tra scienza e società, focalizzandosi sulle comunità vulnerabili in quanto spesso non visibili come agenti sociali attive. Lo scopo del progetto è quello di progettare attività per la conoscenza scientifica insieme alle comunità coinvolte come co-partecipanti, per garantire un approccio più coerente all’educazione inclusiva e per promuovere una politica di prevenzione.
Attraverso attività di educazione scientifica in istituzioni educative formali e non, le Hub daranno avvio a Living Labs con l’obiettivo di costruire consapevolezza e capacità scientifica e di accompagnare persone a rischio di esclusione sociale verso una progressiva consapevolezza di pratiche di emarginazione che possono verificarsi nell’educazione e divulgazione scientifica. Ogni Hub si impegnerà con decisori politici, educatori, insegnanti e rappresentanti istituzionali per favorire il ruolo delle comunità nel sostenere e promuovere un approccio educativo scientifico inclusivo e per consolidare pratiche innovative realizzate su basi scientificamente solide e socialmente sostenibili.
Il ruolo di UNIMIB sarà quello di implementare un approccio sistemico e inclusivo all’educazione scientifica con le comunità vulnerabili con disabilità o Bisogni Educativi Speciali (BES) e/o in condizioni di disuguaglianza sociale. Come leader del WP4 (Research Management & Pilots), UNIMIB ha il compito di costruire la literature review e il quadro teorico di sfondo; co-creare il protocollo di ricerca per studi pilota; sviluppare e validare attività pilota, implementarle e raccogliere i dati; la valutazione, analisi e trasferibilità dei dati.
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