Davide Perrone
Il Design può contribuire alle sfide sociali?
Quando si parla di Design la prima cosa che viene in mente è un oggetto, un prodotto a volte anche con un costo importante, o un evento che invade la città di Milano in primavera capace di attrarre non solo addetti ai lavori ma anche cittadini che si riversano nelle vie cittadine alla ricerca di socialità.
Un sistema di produzione agricola modulare ed energeticamente indipendente, grazie all’alimentazione fotovoltaica, in grado di risparmiare fino al 90% di risorsa idrica rispetto alla coltivazione in pieno campo, oppure sistemi di illuminazione sostenibile, ecologicamente e socialmente, in tutte le aree del mondo in stato di povertà energetica
a partire dai materiali presenti sui territori, sono solo alcuni esempi di Impact design. Ciò che li accomuna è la volontà di creare impatto sociale condividendo il know-how con le comunità che ne beneficiano, in modo che siano in grado, un domani, di diventare autonome nella manutenzione, riparazione e riproduzione dei sistemi.
Nell’indagare il tema del “design per l’impatto sociale” ci si imbatte in una pluralità di definizioni che evidenzia inevitabilmente la molteplicità degli approcci alla disciplina sottolineandone la complessità. Infatti, se il concetto di “impatto sociale” risulta, di per sé, sufficientemente chiaro, esso, tuttavia, assume tratti di ambiguità e frammentazione qualora venga inserito nell’ambito disciplinare del design. In particolare, al Design per l’impatto sociale rimandano molteplici definizioni parziali, spesso usate in modo intercambiabile: social impact design, design for social impact, public-interest design, design for (public) good, design for social change, humanitarian design, design for social innovation, socially responsible design, design activism e transformation design (Gieseking et al., 2014; Smithsonian Institutions, 2013; Sercombe, 2019).
Dall’insieme delle definizioni però emerge l’idea di un design “socialmente orientato” (socially oriented nella letteratura inglese). Per questo si fa riferimento all’umbrella concept “social design”, maggiormente capace di sintetizzare le sfaccettature delle varie definizioni, individuando come denominatore comune il fatto che si tratti di un insieme di attività che sposano approcci alla ricerca per lo più partecipativi e che generano risultati verso obiettivi collettivi e sociali, piuttosto che perseguire un’attenzione esclusiva agli obiettivi consumistici (Armstrong et al., 2014).
Ma il Design può contribuire alle sfide sociali?
Nel campo dell’Innovazione Sociale le sfide più rilevanti per la nostra società sono talmente grandi che non si può pensare ci sia una soluzione unica né tantomeno definitiva: i problemi vanno affrontati da diversi punti di vista coinvolgendo più attori. Una metodologia progettuale che prevede delle fasi di lavoro, per ciascuna delle quali ci sono obiettivi e strumenti che aiutano a sviluppare e a far emergere elementi che poi vanno a comporsi in un disegno più complesso, sia esso un servizio, un prodotto o un modello. Nell’Innovazione Sociale, quindi, è interessante applicare questo metodo per accompagnare e facilitare gruppi di persone a ragionare, ad analizzare un servizio o un progetto o a crearne di nuovi, supportandoli nel far emergere e condividere i propri pensieri e nel trasformarli in elementi tangibili a reale supporto del territorio. La competenza del designer nel metodo progettuale aiuta a fare ordine fra i pensieri e a divergere nelle idee dove occorre, per poi convergere verso un ordine nuovo e condiviso.
Oggi, se una delle principali sfide della contemporaneità è rappresentata dal confronto tra genti e persone di diversa provenienza e la società interculturale appare la più corretta soluzione, il design può svolgere una funzione di spinta verso tale modello. Il Design Interculturale vede il confine tra una cultura e l’altra come una zona di scambio: in una società interculturale si cerca di incoraggiare la socializzazione tra i cittadini di diversa provenienza culturale.
Cos’è quindi l’Innovazione Sociale?
La definizione accademica fa riferimento a progetti e iniziative che rispondono a bisogni sociali reali, creando nuove idee o nuove implementazioni di soluzioni già presenti per rispondere a questi bisogni e generando nuove collaborazioni e relazioni, attraverso strumenti di inclusione sociale. È cruciale che non si tratti mai di proposte calate dall’alto. In questo processo di dialogo, confronto, emersione di idee si crea intelligenza collettiva, che porta il territorio a essere più “capace” di portare soluzioni, in un flusso in cui ogni persona può contribuire.
Le università e le istituzioni pubbliche hanno la possibilità di cogliere sempre più il valore delle progettualità pensate e avviate da gruppi informali o da imprese del territorio, per fare sì che siano maggiormente accessibili alla comunità, che vadano oltre le capacità del singolo gruppo o le risorse economiche di cui dispone quel singolo progetto. Le università e le istituzioni pubbliche applicano l’Innovazione Sociale quando facilitano processi di questo tipo, creando spazi e mettendo a disposizione del territorio risorse perché gli enti che conoscono il contesto abbiano ossigeno per sperimentare insieme servizi e progettualità nuove.
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